Il Luogo
Lei non potrà mai imparare una lingua in un luogo così bello come questo. CIS situato in Mérida, la città più grande e cosmopolita della Penisola dello Yucatán in Messico. Mérida è una città di misura regolare riconosciuta in tutto Messico come una città sicura, pulita, che offre una meravigliosa ospitalità e un buon mangiare. I suoi viali alberati, architettura e vita recreativa e culturale la fanno il luogo idoneo per studiare in Messico.
Un
luogo con ricchezza storica, bellezza tropicale, che serve come punto di
partenza per il famoso Mondo Archeologico delle rovine Maya.
Gli entusiasti negli sport acquatici e nella vita marina troveranno nel Porto di Progreso, localizzato a 21 miglia al Nord di Mérida, un bel posto per passare il fine settimana e i pomeriggi in forma rilassante e divertente. Celestun, Sisal e Rio Lagartos sono altri posti di soggiorno che si trovano nelle 231 miglia di spiagge dove si può osservare vita selvatica o semplicemente godere la tranquilla atmosfera dello Yucatán.
Merida si localizza nella punta Sud-Est della penisola dello Yucatán, ragione per cui si trova a pochi minuti via aerea dalla Costa del Golfo degli Stati Uniti. Si può arrivare fácilmente per via terrestre o per via aerea agli alberghi dei Caraibi di Cancún, Cozumel ed Isla Mujeres.
Molte Aereolinee hanno voli diretti a Mérida o con una sosta da: Miami, Huston, New York ed altre città degli Stati Uniti. La scuola andrà a prendere all'aeroporto gli studenti che comunichino il loro arrivo con 10 giorni di anticipo, indicando il numero di volo esatto e l'ora d'arrivo e gli accompagnerà alla casa dove saranno ospitati: questo servizio non ha un costo adizionale.
Mérida, la bella signora in
liberty
All'inizio del secolo era chiamata la Parigi del Messico per la
sua mondanità e vivacità culturale. Le male lingue sostenevano invece che questa
fama era dovuta al fatto che i suoi ricchi abitanti potevanopermettersi di
trascorre lunghi periodi nella capitale francese. Benessere derivato
dall'henequén, fibratessile ricavata dall'omonima agave e più nota come sisal,
dal nome del porto sulla costanordoccidentale da dove veniva spedita in Europa.
Con questa fibra si fabbricano in particolare cordami, richiestissimi alla fine
dell'Ottocento. Capitale dello Yucatán, ha più di 750.000 abitanti e sorge a 33
km dalla costa. Un reticolo di strade, perpendicolari una all'altra, costituisce
la parte più antica della città. Al centro della città bianca, come d'obbligo,
vi è lo zócalo, plaza Mayor, alberato e con al centro il gatzebo per i concerti
della banda musicale la domenica pomeriggio. Mentre sui lunghi viali esterni si
allineano belle ville di fine Ottocento. E ancora più lontani i nuovi quartieri
residenziali e
commerciali.
Fu Francisco de Montejo il Giovane ad
abbellire la plaza Mayor con palazzi di pregio. La Cattedrale, a est, è stata
eretta ( tra il 1561 e il 1598) con i materiali provenienti dal tempio maya, che
sorgeva su questa piazza e che apparteneva al centro di Tihó. Facciata di un
rigoroso e semplice barocco. Nell'interno vi è la statua miracolosa del Cristo
de las Ampollas, nella cappella di sinistra, ricoperto di piaghe. Scolpita nel
legno di un albero del villaggio di Ichmul che, raggiunto da un fulmine, arse
senza
esserne distrutto. Passò immune attraverso l'incendio della chiesa
dove era stata collocata. Fu trasportata nel 1645 a Mérida, divenendo oggetto di
appassionato culto. Accanto sorge il Palazzo Vescovile, sede dell'esercito. A
nord Il Palacio de Gobierno. Eretto nel 1892, ha nel cortile interno i murales
di Fernando Castro Pacheco, gloria locale, che narrano, come d'obbligo, la
storia dei Maya.
Concerto jazz e di musica yucateca, alle 11 della domenica,
nel Salón de la Historia. Orario: tutti i giorni, 8 - 20. A ovest, il Palacio
Municipal, con la Torre dell'orologio. Più volte distrutto, risale al 1850. Si
svolgono alcune interessanti rappresentazioni: domenica alle 13, il balletto
folklorico della città ricostruisce il matrimonio meticcio; lunedì alle 21,
danze e musiche yucateche per la Vaquería Regional. Si svolge ogni settimana per
marchiare il bestiame.
A sud, la Casa de Montejo, sede della
Banamex. Risale al 1549, dimora di Francisco de Montejo il Giovane, dalla
ridondante facciata plateresca. Si imbocca calle 60 e dopo poche decine di metri
si apre l'altra grande piazza della città, il Parque Hidalgo. Taxì, caffé,
ristoranti, alberghi e sul lato nord la Iglesia de Jesús, del 1618, voluta dai
Gesuiti che costruirono anche la Universidad de Yucatán, a un isolato di
distanza, sempre su calle 60. Di fronte, o quasi, c'è il Teatro Peón Contreras,
opera
dell'italiano Enrico Deserti. Imponente scalone in marmo di Carrara,
cupola affrescata da artisti italiani del tempo, poltrone di velluto rosso, era
il tempio della mondanità di inizio secolo. Più avanti, il Parque Santa Lucía,
con portici a nord e a ovest. Concerti di musica folkloristica tutti i giovedì,
alle 21, e le domeniche alle 11 con l'allestimento del Bazar de Artesanía.
Proseguendo sempre in direzione nord si arriva al Paseo Monteco, una sorta di
Champs Elysées in versione tropicale, tracciato a fine Ottocento, con dimore
prestigiose in stile liberty ed ecclettico fra alberi frondosi. Fra questi
spicca all'angolo con
calle 43 il Palacio Cantón dove è allestito il Museo
Regional de Antropología. Anch'esso è opera di Enrico Deserti. Ospitò nel 1911
il generale Francisco Cantón Rosado, da cui prende nome. Vi sono conservati
importanti reperti maya che danno un panorama dei principali siti dello Yucatán,
utilmente propedeutico alla visita degli stessi. Orario: martedì - sabato, 8 -
20; domenica, 8 - 14;
Escursioni da Mérida
Alla
ricerca di antiche pietre, di un po' di refrigerio, visto che il caldo di Mérida
a volte è soffocante, e di spettacoli inediti della natura. Dalla mattina alla
sera, da Mérida andata e ritorno. Meglio noleggiare un'automobile. Il classico
maggiolino va benissimo, piuttosto che affidarsi ai mezzi pubblici, lenti e
surriscaldati. Sulla strada diretta a nord, prima tappa a Dzibichaltún. Città
maya fondata nel 1500 a.C., è a 22 km a nord di Mérida sulla statale n. 261, in
direzione di Progreso. Il sito è immerso nella vegetazione della tropica seca.
Arbusti e sparuti alberi calcinati dal sole. Il Tempio delle Sette bambole è la
costruzione principale. Il suo nome deriva dal fatto che sulla sua cima furono
rinvenute 7 figurine d'argilla, oggi esposte nel piccolo Museo all'entrata. Fra
gli alberi vi è un cenote, a cento metri dall'entrata, dove si può fare il
bagno. Lo si raggiunge anche con il Sendero Ecológico, che ripercorre il
tracciato del sacbé, via sacra. Altri 18 km e si arriva a Progreso, borgo
marinaro con attrezzature portuali. Fondali bassissimi hanno obbligato a
costruire delle banchine (muelle) che si inoltrano per
circa 7 km nel mare.
Sorse solo nel 1872 quando i produttori di henequén si resero conto che il porto
di Sisal era troppo lontano e insufficiente per contenere le navi destinate al
trasporto di questo materiale.
È la nuova meta dei vacanzieri
marini, in fase di lancio turistico. Molto vicina è Cuba, da cui dista meno di
una notte di lancia. Atmosfere antillane sul Malecón, il lungo mare con negozi,
alberghi e ristoranti.
Spiagge appartate a Chelem, Chuburná, ad ovest, e
Chicxulub, a est.
Per circa 90 km, a ovest di Mérida,
si è immersi in un paesaggio piatto che sfuma all'orizzonte fra piantagioni di
agave blu. Blu come il mare di Celestún, sulla lingua di terra compresa fra il
Río Esperanza e il Golfo del Messicosantuario degli uccelli acquatici: il rosa
tenero dei fenicotteri, il bianco splendente delle egrette, il nero notte dei
cormorani, il grigio perla degli aironi cinerini.
Da Izamal a Chichén Itzá
Dovunque
a perdita d'occhio piantagioni di agave henequén fra alberi del fuoco incendiati
dai loro fiori purpurei.
Nel cielo i voli circolari degli avvoltoi. Dopo 46 km, ad est di Mérida, sosta obbligata a Tamhec, dove in aperta campagna si può visitare la fabbrica Cordemex Pancho Villa. Si assiste al processo di lavorazione del sisal e si compra.
Ancora 30 km da Tamhec ed ecco
Izamal. La Ciudad Amarilla, la città gialla, con la sua splendida collegiata: il
Convento de San Antonio de Padua, color zafferano. È stato costruito dai
Francescani nel 1561. Circa 30 anni di lavori dopo che gli Spagnoli avevano
distrutto la piramide Popul-Chac, la più grande dei Maya, dedicata al dio Kinich
Cakmó. Attorno, un aereo porticato ne delimita il perimetro con le sue
metafisiche arcate dall'intonaco giallo: più di 8000 mq. All'interno del recinto
sacro
si erge la Chiesa Santuario de la Virgen de Izamal. Nell'interno, ad
una navata, la statua della Madonna, patrona dello Yucatán, e il Cristo Negro.
Attorno, lungo le strade che scendono verso i campi, si allineano palazzi un po'
sbertucciati e acciaccati dal tempo. Per gli appassionati di rovine ci sono da
visitare 11 piramidi. Poco più che cumuli di pietre. Si continua sulla statale
n. 180, per altri 70 km, fino a Chichén Itzá. Sito maya fra i più importanti,
risale al Tardo Periodo Classico. Raggiunse
l'apice della sua potenza tra il
900 e il 1100. Sono presenti elementi maya e toltechi, a causa delle relazioni
che i Maya intrattennero con i popoli dell'area messicana in quei secoli.
Imponente e marziale.
Nel X sec. fu conquistata dai Toltechi che ne
proseguirono la costruzione, aggiungendovi aquile e serpenti piumati.
Sembra che intorno alla città
gravitassero almeno 500.000 persone prima dell'arrivo degli Spagnoli. Un numero
così imponente da rendere Chichén Itzá la più importante città della sua epoca
nel mondo.
Basta dare un'occhiata alle dimensioni dei sette templi-piramide
che si innalzano sul tappeto erboso per capire che la sua fama non è usurpata.
Orario: tutti i giorni, 8 - 17;
Si entra da un grande edificio moderno,
Unidad de Servicios, dotato di ristorante, book shop, auditorium dove si
proietta un video sulle rovine, e Museo. Tutte le sere si tiene lo
spettacolo di suoni e luci, dalle 19 alle 20 in spagnolo, e dalle 21 alle 22 in
inglese. Appena entrati ci si imbatte nel Castillo, piramide alta 24 m. Montagna
di pietra, è un gigantesco calendario: le 4 scale, con 90 gradini ciascuna,
rappresentano 360 giorni; gli ultimi 4 e la piattaforma superiore della
piramide, i 5 giorni nefasti. Soprattutto osservando la scena del sito dall'alto
dei 365 gradini della Piramide di Kukulcán, ci si rende conto
dell'imponenza
di Chichén Itzá. Si può visitarne l'interno dalle 11 alle 13 e dalle 16 alle 17.
A nord ovest della piramide si estende il Campo della pelota, uno dei più vasti
di tutti i centri maya. Sono ben distinguibili gli anelli in pietra
contrapposti, dentro i quali i giocatori dovevano far passare la palla. Alla
base della piattaforma si snoda la fitta teoria di bassorilievi che raccontano
la storia di questo gioco sacrale e crudele.
Raffigurazioni iperrealiste e macabre nel segno della morte. Ecco la testa decapitata dal busto di un giocatore sconfitto, da cui si sprigionano le spire di sei serpenti e le fronde di una pianta. I serpenti simboleggiano il sangue: fonte di vita, il supremo dono che l'uomo può offrire agli dèi.
Accanto, il disco di pietra, dove si
staglia al centro un cranio, simbolo della morte e del sacrificio umano. Estremo
olocausto, perpetrato per invocare la protezione degli dei, la fertilità della
terra, la discesa della pioggia. Un sacerdote in una mano brandisce minaccioso
una sorta di machete, stillante sangue, e nell'altra solleva per i capelli la
testa della vittima immolata. Tutti, vinti e vincitori, sacerdoti e guerrieri,
sono sontuosamente vestiti con rutilanti trionfi di piume che impreziosiscono
gli elmi, i
giustacuore a forma di sezione di guscio di lumaca, i calzari e
gli scudi. Al lato del campo il Tempio dei Giaguari, poi lo Tzompantli, ossia il
Tempio dei Teschi, con bassorilievi di crani che divorano il cuore di uomini, e
la Piattaforma dei Giaguari e delle Aquile, con aquile e felini che si
accaniscono sui corpi umani. Si arriva così al Tempio delle Mille Colonne. Una
scalinata sale alla piattaforma con la statua del dio Chac-mool riverso e
pilastri con decorazioni di serpenti.
Sulla sinistra, in direzione nord, la
Via sacra porta al Cenote della morte, un grande pozzo circolare alimentato da
una fonte sotterranea, dove venivano effettuati sacrifici umani e gettati monili
d'oro e d'argento in onore degli dèi. Tornando indietro, si prosegue fino
all'Ossario da dove, sulla sinistra, si diparte un sentiero che arriva fino a El
Caracol, l'osservatorio astronomico, con le maschere del dio Chac in
corrispondenza dei quattro punti cardinali. Dalla sua cupola i sacerdoti
osservavano il moto
degli astri e ne derivavano i propri vaticini rituali.
Poco discosto, il Convento, con numerosissime stanze, era il palazzo reale dei
Maya. Ad est sorge l'Akab-Dzib, che è la più antica struttura rinvenuta, con
sale centrali che sono databili intorno al II sec.
Nelle viscere della terra
Sempre verso est. Le grotte di
Balamcanché sono a 5 km. Nel 1959 furono scoperti i passaggi che portavano a
camere sotterranee. Vennero alla luce centinaia di fornelli per incenso e
piccole macine da grano. Si pensa si trattasse di offerte per assicurarsi la
benevolenza del dio della pioggia. La strada continua in direzione di
Valladolid. Dopo 32 km ecco Ebtun. Sulla destra della strada si trova un basso
edificio bianco. È la prigione dove si vendono amache fatte dai detenuti. Prezzi
inferiori ai soliti richiesti e ottima fattura. Ancora 10 km e si è a
Valladolid. Piccolo centro commerciale, sorto nel 1534, che ha
vissuto
pagine tragiche durante la Guerra delle Caste nel 1847, quando fu a lungo
assediata dai rivoltosi. Anche qui palazzi e chiese coloniali nelle strade
attorno allo zócalo. Ad est, in piazza San Roque, la Cattedrale di San Gervasio.
Mentre ad ovest, in calle 41 A, sorgono il Convento di Sisal e la Chiesa di San
Bernardino di Siena. Complesso religioso edificato nel 1522, severo e arcigno,
concepito come una fortezza per difendere i religiosi dall'ostilità degli
indios.
Da Valladolid la strada nazionale n. 295 si spinge in direzione nord, attraverso un ambiente piatto che progressivamente si impaluda in prossimità della costa, dopo aver attraversato Tizimin, centro agricolo a 51 km. Altri 52 km, per approdare a Río Lagartos. Borgo di pescatori vicino alla riserva di avifauna popolata da: fenicotteri, aironi, ibis, egrette, cormorani, pellicani che vivono nell'estuario del fiume, che corre parallelamente alla costa, sulla stretta lingua di sabbia prospiciente il mare aperto.
Più agevole noleggiare una barca, con
una capienza di 5 passeggeri, oppure più faticoso andare a piedi fino alla punta
Holohit sul mare camminando lungo la spiaggia per 14 km.
Ristoranti modesti
nel villaggio garantiscono la sopravvivenza: Los Flamingos, Los Negritos, La
Económica.
Ritornati a Valladolid, si prende la nazionale n. 180 e, in 161
km, ecco la visione turchese del Mare dei Caraibi.